lunedì 21 gennaio 2013

Il lavoro non è una merce, i lavoratori non sono spazzatura!

Nei giorni scorsi gli attivisti di Resistenza Nazionale ha voluto effettuare un’azione simbolica per ricordare a tutti i cittadini cosa potrebbe accadere se si continua a equiparare il lavoro, il lavoratore, ad una merce e che il conto da pagare per la follia del sistema in cui stiamo vivendo potremmo presto pagarlo in molti!
E’ ormai impossibile negare che l’Italia sia caduta in una spirale infernale fatta di delocalizzazioni e chiusure, disoccupazione di massa e precarietà, licenziamenti e cassa integrazione, con milioni di lavoratori, di persone, che vengono espulse con ferocia dal sistema economico!
Tale situazione viene peggiorata sensibilmente dalla presenza di un sistema di ammortizzatori sociali inadeguato e discriminatorio (attualmente l'indennità di disoccupazione copre solamente meno del 25% dei licenziati).
“E’ l’economia globale”, ci raccontano, come se tutto ciò fosse inevitabile, ma, nonostante l’evidenza di questo clamoroso fallimento, nessuno mette in discussione il criminale modello economico-sociale
oggi imperante!
Ma fin dove si potrà arrivare proseguendo su questa strada? Cosa dovremo ancora subire in nome dello sfrenato liberismo economico?  
Le controriforme di stampo mondialista degli ultimi 20 anni hanno prodotto un peggioramento feroce delle condizioni di lavoro nei paesi europei: la chiamano ‘flessibilità’, ma in realtà si tratta solo di sfruttamento!
A seguito di ciò il lavoratore è diventato, a tutti gli effetti, nulla più e nulla meno di una ‘merce’, senza dignità e con un prezzo prefissato (il minore possibile), e, al pari di altri oggetti, ci si deve aspettare che tale ‘merce’ possa essere tranquillamente rottamata come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio, al pari di una sedia rotta o di uno strumento usurato!
E proprio questo sta succedendo: quando non servono più, quando il Dio Unico Mercato lo esige, i lavoratori, ormai equiparati a SPAZZATURA a tutti gli effetti, oggetti da scaricare, di cui liberarsi, vengono scartati come rifiuti!
Si arriverà quindi, in un giorno non lontano, a vedere per le strade cassonetti dedicati in cui si potrà gettare, come immondizia, come merce scaduta, il lavoratore che non serve più?
Se si prosegue su tale percorso, non è un fatto del tutto improbabile!
Che fare, quindi? Ci sono due possibilità che ci si parano di fronte: far finta di nulla, e sperare che tocchi sempre e solo a qualcun altro, o prendere coscienza e attivarsi cominciando a resistere, per riprendersi il Futuro! Oltre la paura, oltre l’apatia!




domenica 13 gennaio 2013

Manifestazione nazionale contro il lavoro a tempo!

Il 5 Gennaio 40 nazionalisti si sono riuniti nella cittadina tedesca di Plauen per prendere posizione contro il lavoro a tempo. L'evento è stato organizzato dal Vogtland "Revolutionary National Youth" (RNJ). Anche in Germania i dati parlano chiaro: il numero di lavoratori temporanei è in aumento. Dal 1991 la quota dei lavoratori a tempo determinato, spesso con salari in discesa, è aumentata di cinque volte. L’evento ha attirato l’immediata simpatia dei residenti, che hanno incoraggiato e supportato l’iniziativa, ben consapevoli del problema legato a questa piaga sociale: il lavoro temporaneo è puro sfruttamento dei lavoratori!
A Plauen un chiaro segnale contro il lavoro a tempo parziale da parte nazionale è stato stabilito!

sabato 5 gennaio 2013

Boom di disoccupati. Ma i nostri politicanti hanno altro a cui pensare!

Un'Europa a due velocità, che non riesce a imprimere una marcia veloce verso la ripresa. A preoccupare sono i disoccupati che, secondo l'ultimo studio di Ernst & Young, ammonteranno verso la metà del 2013 a 20 milioni di persone nella sola Eurozona. Intanto, mentre tra poco sapremo quanti posti di lavoro avrà creato la job machine americana a dicembre (le stime non ufficiali parlano di oltre 150mila nuovi posti di lavoro in un solo mese), l'analisi si sposta sulle due Europe del lavoro: mentre Grecia, Spagna e Portogallo viaggiano rispettivamente a un tasso di senza lavoro del 28%, 27% e 17%, la Germania registra da sei anni consecutivi un incremento degli occupati e una disoccupazione al 6,8% che, nonostante alcuni segnali di crescita, è il più basso dal dopo-unificazione delle due Germanie nel 1991. In Italia c'è chi si consola del nostro 11,1%, ma si sa, la campagna elettorale è in pieno svolgimento e le priorità non sono certo quelle dell'occupazione e quelle del tasso di disoccupazione, la cui insostenibilità statistica è destinata a deflagrare nei prossimi mesi, lasciando sul piatto del neo-nato governo un'ipoteca pesante e difficile.