LAVORATORI EUROPEI SOTTO ATTACCO!
Visto che i cinesi non vogliono concedere ai loro lavoratori i diritti che hanno gli europei, saranno gli europei a lavorare come i cinesi! Oggi le 65 ore settimanali (10 al giorno per 6 giorni + 5 alla domenica?), domani tagli ai salari!
Il Parlamento europeo ha fortunatamente respinto la proposta di portare la settimana di lavoro nell'Unione europea fino a 65 ore, bocciando il tentativo del Consiglio Ue di introdurre la possibilità di derogare al limite delle 48 ore settimanali (conquistate dall'Organizzazione internazionale dei lavoratori nel 1917).
Forse la batosta irlandese e la vicinanza (nel 2009) delle elezioni europee hanno fatto rinsavire alcuni politici (ah, la poltrona…). Forse.
Ma è comunque l’ennesima prova della deriva turbocapitalista che sta minacciando l’Europa e di come si stia tentando, in nome del Profitto e dei soldi, di distruggere i diritti sociali dei cittadini europei.
Non è passato molto tempo dalla direttiva Bolkestein (dal nome del Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno dell’ uscente commissione Prodi – un altro indizio che dimostra come Mondialisti di Destra e di Sinistra siano di fatto alleati alle Oligarchie globali nella guerra contro i lavoratori!) sulla liberalizzazione dei servizi!
L’obiettivo allora era, imitando principi e procedure dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), di giungere alla privatizzazione dei servizi, mossa che avrebbe inferto un duro colpo ai diritti dei lavoratori, portando precarizzazione e dumping sociale all’interno dell’ Unione Europea.
I negoziati per aumentare l'orario di lavoro settimanale erano in corso da qualche anno. Al blocco capitanato dal Regno Unito (ormai vera e propria avanguardia capitalista in Europa, sostenuto anche dalla Germania e della maggior parte dei nuovi stati membri dell’Est Europa) si è sempre opposto quello costituito da Francia, Spagna e Italia (in compagnia di Grecia, Cipro, Belgio e Lussemburgo). Con l'avvento di Berlusconi, l'Italia ha di fatto abbandonato il fronte della difesa dei diritti sociali.
Degne di nota le parole del nostro ministro, Maurizio Sacconi, che anche ieri è tornato a parlare della necessità di una «chirurgica deregulation del mercato del lavoro»: «Ora è importante che il parlamento europeo possa ratificare rapidamente questo accordo e che esso trovi poi rapida attuazione nella legislazione dei singoli paesi membri».
Si spera che tali parole vengano ricordate da tutti i lavoratori italiani al momento delle elezioni europee…
Il Parlamento europeo ha fortunatamente respinto la proposta di portare la settimana di lavoro nell'Unione europea fino a 65 ore, bocciando il tentativo del Consiglio Ue di introdurre la possibilità di derogare al limite delle 48 ore settimanali (conquistate dall'Organizzazione internazionale dei lavoratori nel 1917).
Forse la batosta irlandese e la vicinanza (nel 2009) delle elezioni europee hanno fatto rinsavire alcuni politici (ah, la poltrona…). Forse.
Ma è comunque l’ennesima prova della deriva turbocapitalista che sta minacciando l’Europa e di come si stia tentando, in nome del Profitto e dei soldi, di distruggere i diritti sociali dei cittadini europei.
Non è passato molto tempo dalla direttiva Bolkestein (dal nome del Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno dell’ uscente commissione Prodi – un altro indizio che dimostra come Mondialisti di Destra e di Sinistra siano di fatto alleati alle Oligarchie globali nella guerra contro i lavoratori!) sulla liberalizzazione dei servizi!
L’obiettivo allora era, imitando principi e procedure dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), di giungere alla privatizzazione dei servizi, mossa che avrebbe inferto un duro colpo ai diritti dei lavoratori, portando precarizzazione e dumping sociale all’interno dell’ Unione Europea.
I negoziati per aumentare l'orario di lavoro settimanale erano in corso da qualche anno. Al blocco capitanato dal Regno Unito (ormai vera e propria avanguardia capitalista in Europa, sostenuto anche dalla Germania e della maggior parte dei nuovi stati membri dell’Est Europa) si è sempre opposto quello costituito da Francia, Spagna e Italia (in compagnia di Grecia, Cipro, Belgio e Lussemburgo). Con l'avvento di Berlusconi, l'Italia ha di fatto abbandonato il fronte della difesa dei diritti sociali.
Degne di nota le parole del nostro ministro, Maurizio Sacconi, che anche ieri è tornato a parlare della necessità di una «chirurgica deregulation del mercato del lavoro»: «Ora è importante che il parlamento europeo possa ratificare rapidamente questo accordo e che esso trovi poi rapida attuazione nella legislazione dei singoli paesi membri».
Si spera che tali parole vengano ricordate da tutti i lavoratori italiani al momento delle elezioni europee…
SMASH CAPITALISM!