Moltissimi i suoi articoli (perlopiù taciuti, la cosa non ci stupisce, dai media mainstream al servizio delle oligarchie globali) contro la globalizzazione neoliberista, molto critici sull'ampliamento del commercio su scala transnazionale e transcontinentale, sul fenomeno delle delocalizzazioni e sul conseguente aumento della disoccupazione nelle nazioni europee.
Scritti in cui Allais evidenziava le criticità dell'integrazione tra contesti dissimili, tra insiemi/gruppi di nazioni che l'autore definiva "non omogenei" sotto i punti di vista economico, sociale, lavorativo, al punto che considerava con favore l’attuazione di forme di protezionismo all'interno di insiemi quanto più ampi ed omogenei possibili, sì da evitare forme di dumping sociale.
In un suo famoso articolo Allais sosteneva: “il protezionismo tra Paesi con livelli di vita molto differenti è non solo lecito, ma assolutamente necessario. E’ il caso della Cina, verso la quale aver soppresso le protezioni doganali alle frontiere è semplicemente folle. Ma lo stesso vale anche verso Paesi più vicini, inclusi alcuni in seno all’Europa. Basta interrogarsi sul modo di lottare contro costi di produzione cinque o dieci volte inferiori per capire che la concorrenza non è sostenibile in questi casi. Specialmente di fronte a concorrenti indiani e cinesi che, oltre al minimo costo della manodopera, hanno competenze e spirito d’intrapresa” (l’articolo intero, che invitiamo tutti a leggere, è pubblicato dagli amici del network Stop Capitalismo: http://stop-capitalismo.blogspot.com/ ).
Contre le mondialisme, vive le protectionnisme!