sabato 24 marzo 2012

IL LAVORO NON E' UNA MERCE!

Nella giornata di ieri alcuni attivisti di RN e del Network Anticapitalista (ACN/AKN) hanno diffuso volantini per dimostrare apertamente la propria TOTALE opposizione alla controriforma del mercato del lavoro operata dal governo Monti in combutta con i poteri forti (banche, finanza, ecc) e la quasi totalità dei partiti politici nazionali (al grido di ‘CE LO CHIEDE L’EUROPA’, cosa che però non si fa mai quando tali richieste sono a favore dei Diritti dei cittadini e lavoratori!), tutti interessati alla massima precarizzazione del rapporto di lavoro ed alla sua più bassa remunerazione.
L’obiettivo di tale operazione turbocapitalista è interamente orientato a smantellare quanto ottenuto in decenni di lotte dei lavoratori, Diritti e tutele già sotto attacco da anni (specie dal 1998 con l’introduzione del criminale lavoro a tempo, introdotto in Italia tramite il pacchetto Treu, governo Prodi, fonte dell’immensa precarietà, una piaga che colpisce milioni di italiani, ma non di sicuro i figli e gli amici dei potenti e dei privilegiati!), e non è difficile prevedere un futuro ancora più nero, specie per chi supererà i 30 anni (che grazie a tali riforme non riuscirà a trovare più lavoro), senza welfare, senza Diritti, senza prospettive!
Se le aziende chiudono, come dice banalmente Napolitano, la soluzione non è lo smantellamento dei Diritti dei lavoratori ma la protezione delle manifatture locali, l’introduzione di pesanti DAZI doganali sulle merci prodotte in estremo oriente e l’uscita senza remore dal processo di globalizzazione!
IL LAVORO NON E’ UNA MERCE!
NO ALLA CONTRORIFORMA CAPITALISTA DEL LAVORO!

giovedì 22 marzo 2012

Macelleria TOTALE!

La controriforma del lavoro del governo dei banchieri conferma il trend in auge da più di 20 anni: dopo settimane di inutili paroloni, otteniamo più mobilità, più flessibilità, meno tutele, meno lavoro. Ennesima macelleria sociale!
E mentre da un lato non si può non confermare, come tra l’altro ha anche bizzarramente confermato la Fornero qualche tempo fa, che le riforme pro-flessibilità introdotte con generosità lungo gli ultimi quindici anni non hanno fatto altro che favorire la “debole crescita” che ha caratterizzato il nostro paese fin dal 2002 (le aziende hanno puntato tutto solo sui bassi costi e lo sfruttamento dei lavoratori, senza investire su altri asset più strategici, con lo straordinario
risultato di avere meno qualità, meno competitività, meno competenze!), dall’altra constatiamo da parte delle oligarchie dominanti la ferrea volontà di proseguire sulla strada iniziata con l’abolizione della scala mobile e con l’introduzione del lavoro interinale/precarietà in Italia (1998, Pacchetto Treu, Governo Prodi – guarda caso, anche qui con il pieno supporto del cd ‘centrosinistra’), continuando a scaricare verso il basso, sui non-privilegiati, tutto il marcio
del ‘capitalismo reale’!
Il tutto condito abbondantemente con i soliti luoghi comuni reazionari ormai triti e ritriti: ‘la libertà di licenziare in realtà è libertà di assumere’ (frasi usate in abbondanza, guarda caso, da chi invece ha per se e per la propria famiglia, il culo ben parato da contratti di ferro e stipendi stratosferici!), ‘la flessibilità è un valore aggiunto’ (ma provate ad andare in una agenzia interinale o negli uffici del personale di qualche azienda con un curriculum variegato, vedrete come verrà vista e valutata per bene la vostra ‘flessibilità’!) fino ad arrivare, le comiche finali, ad inutili quanto insensate considerazioni come “ma le imprese non licenziano per capriccio”!
Chiunque abbia una minima esperienza nello schizofrenico ‘mercato del lavoro’ italiano sa benissimo come funzionano la maggior parte delle imprese nazionali, grandi e piccole, dove la quasi totalità del cosiddetto ‘management’, i dirigenti, i capetti, i team leader e così via, altro non sono che figli di, amici di, yesmen, raccomandati e leccapiedi assortiti, gente perlopiù priva di buoni livelli di competenze (spesso senza neanche buoni titoli di studio, che in Italia sono anzi una stigma), perlopiù propensi a ragionare e gestire in base non ai soliti clichè che vengono propagandati ormai a noia dai media asserviti (meritocrazia, competenza, esperienza) ma bensì sulla base del loro stesso metro: assoluta sottomissione, leccapiedismo, asservimento coatto dei subordinati. Tanto loro se sbagliano non pagano mai e ci sarà sempre chi pagherà per loro!
E grazie a questa controriforma tutte queste dinamiche assolutamente disastrose ne usciranno rafforzate e implementate: sempre più precarietà, sempre più sfruttamento, sempre meno qualità, sempre meno sviluppo!
Inoltre, alla faccia degli sperticati elogi verso il sistema tedesco, si conferma il più assoluto menefreghismo nei confronti di chi è disoccupato e non è più ‘giovane’ (secondo i canoni del giovanilismo imperante di marca statunitense): l’Italia è uno dei tre paesi in Europa (assieme a Grecia e Bulgaria) a non prevedere forme continuative di sussidio a chi perde il lavoro, nonostante le ripetute (fin dal 1992!) sollecitazioni e Raccomandazioni del Consiglio Europeo sulle politiche di protezione sociale relativamente all’inclusione delle persone fuori del mercato del lavoro.
Il mantra reazionario ‘CE LO CHIEDE L’EUROPA’ è tirato in ballo sempre e solo quando fa comodo alle oligarchie dominanti e ai loro interessi, mentre viene tranquillamente ignorato nel caso porti benefici ai non-privilegiati!

martedì 20 marzo 2012

Lo schifo delle agenzie interinali!

Più storie sentiamo sulle 'agenzie interinali' e più continua ad emergere sempre la stessa immagine: luoghi simili a fogne, piene di persone -perlopiù scialbe e vanesie ragazzette in minigonna- incapaci, arroganti e inutili che sfruttano e calpestano persone più deboli che hanno bisogno.
Altro che articolo 18: per migliorare il sistema lavorativo nazionale la prima cosa da fare sarebbe quella di ABOLIRE E CHIUDERE IMMEDIATAMENTE LE SUDDETTE AGENZIE!
Monica ha resistito un mese. Aveva 24 anni, una laurea in Scienze dell’educazione e nessuna esperienza. Stagista in un’agenzia del lavoro. La responsabile sbrigava le pratiche da sola senza assegnarle alcuna mansione però le affidava i “colloqui conoscitivi”, il compito più delicato, quindici minuti per conoscere il candidato di turno con il suo bagaglio di studi, esperienze, talenti e passioni. “Non c’erano graduatorie e pescavamo dagli elenchi a caso…”.“Mi dicevano di fare sempre le stesse domande generiche sul curriculum, io prendevo appunti e salutavo dicendo: ‘La richiameremo’.
Quando un’azienda richiedeva una figura specifica proponevamo due-tre candidati tenendo anche conto del ‘profilo caratteriale’: in pratica se la persona parlava molto o era timida, cos’altro potevo valutare? Di colloqui se ne facevano anche trenta al giorno, che in un mese avranno portato a cinque-sei incontri in azienda, di ‘collocati’ non ne ho visto neanche uno”.
Da due anni Monica ha una scuola dove organizza corsi di informatica per adulti che vogliono riqualificarsi e ragazzi in cerca di lavoro.
Come Gaia, 26 anni, laureata in Storia dell’arte con il massimo dei voti, da oltre un anno regolare frequentatrice di agenzie interinali. “Mi è capitato di essere convocata dalla stessa azienda anche per cinque colloqui di fila, ognuno in un ufficio diverso e con un diverso esaminatore che ripeteva le solite domande ‘preliminari’. L’ultima volta il direttore mi ha detto che il posto era mio. Ho dovuto richiamare l’agenzia più volte per scoprire di essere stata superata da un candidato che loro non conoscevano. Sempre la stessa storia, la mia impressione è che i colloqui servano solo a fare numero”.
La pensa così anche Marzia, 32 anni, un lavoro in nero nell’edilizia. “Ho trovato spesso esaminatori che non sapevano neanche quali mansioni avrei potuto svolgere con i miei titoli. Li ho sentiti deridere persone che telefonavano per conoscere l’esito dei colloqui. Lucrano sulle nostre speranze e ci prendono in giro. Al massimo ti procurano uno stage di tre o sei mesi, in azienda avanzano i soliti intoccabili che ti fanno pure la guerra, poi lo stage finisce e ricomincia il calvario dell’attesa col telefonino sempre acceso.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? Quando mi chiamano per un colloquio mi viene la nausea”. Per tanti ragazzi la ricerca di un posto qualunque è diventata l’unico lavoro, con ricadute psicologiche pesanti e un tasso di frustrazione troppo alto. Ci sono anche agenzie che funzionano e aziende che assumono, ma quanti di voi si sono ritrovati nelle storie di Monica, Gaia e Marzia? Che prospettive ci sono quando i percorsi d’inserimento nel mondo del lavoro sono così opachi?

http://solferino28.corriere.it/2012/03/20/vita-dagenzia-quando-il-lavoro-e-cercare-lavoro/#more-142

sabato 10 marzo 2012

Le bugie del Sistema: il precariato non è più un “rito di passaggio”

Lavoratori precari sempre più vecchi e sempre più intrappolati.

Precari, sempre più vecchi, e sempre più bloccati all’interno di un sistema senza uscita. In Italia l’età dei lavoratori con contratti atipici tende ad aumentare, perché il passaggio a un contratto standard è tutt’altro che immediato e perché chi perde un posto tipico nella maggior parte dei casi riesce a reimpiegarsi solo con contratti atipici. Lo sostiene la ricerca “Le tante facce del lavoro” curata dall'Associazione 20 maggio – Flessibilità Sicura e dal Partito Democratico. Secondo i dati presentati, il 47,9% dei lavoratori atipici ha fra i 30 e i 49 anni, e rientra in questa classe di età il 67,7% dei lavoratori a tempo parziale. Nel 2008 coloro che rimanevano intrappolati in un lavoro precario erano il 54,6% ma fra il primo semestre 2009 e il primo semestre 2010 la percentuale è cresciuta di quasi cinque punti, toccando il 59%. D’altro canto, tra il 2007 e il 2010 la percentuale dei soggetti che riescono ad uscire dalla “trappola della precarietà” è diminuita dell’8,4%.

Un quadro difficile che diventa ancor più negativo se si considerano gli “scoraggiati”, cioè quei soggetti che per età e condizione dovrebbero appartenere alla popolazione attiva ma non ne fanno parte, ritenendo eccessivamente difficile e costoso ricollocarsi nel mercato del lavoro. Nel terzo trimestre del 2011, in Italia, se ne contano 1 milione 574 mila, un record storico: nel 2004 erano un milione (+57% in sette anni). Un alto numero di scoraggiati tende a far sottostimare il tasso di disoccupazione, che è il dato più diffuso, a livello mediatico e politico, per raccontare l’andamento del mercato del lavoro: insomma, le cose vanno peggio di quanto quel dato non descriva, anche perché agli scoraggiati si aggiungono i Neet (Not in education, employment or training), ovvero dei giovani (in genere si considera la fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni) che non sono impegnati in attività di formazione (istruzione o formazione professionale) e, al tempo stesso non hanno un lavoro. I Neet hanno superato i due milioni di unità (2.110.000), risultando in aumento da almeno quattro anni, portando i Neet sopra il 22%.
La realtà del precariato è molto varia: sono stati censiti ben 46 diverse tipologie contrattuali, ciascuna delle quali nasconde trappole ed elementi poco chiari. Si pensi ai 310.820 stage e tirocini attivati nel 2010, di cui 89.800 nell’industria e 221.020 nei servizi. Circa il 50% dei tirocini è stato realizzato in micro imprese al di sotto dei 10 dipendenti. “Purtroppo - spiega Di Nicola - spesso questi lavoratori non sono utilizzati correttamente dalle imprese, che sfruttano tali forme lavorative per avere mano d’opera a basso costo. Inoltre, gli stagisti sono talvolta assegnati a mansioni di basso livello, a cui non viene associato alcun concreto percorso formativo”. Anche le possibilità di assunzione per gli stagisti variano in maniera considerevole rispetto alla dimensione dell’impresa: mentre nelle imprese fino ai 10 dipendenti la quota di stagisti assunti si arresta al 12.8% del totale, tale percentuale raggiunge il 15.1% nelle imprese tra 50 e 250 dipendenti e il 24.2% nelle grandi imprese al di sopra dei 500 dipendenti.
Fonte: http://www.infonodo.org/node/31707

Loro supportano noi, noi supportiamo loro!

lunedì 5 marzo 2012

Presidio a Torino contro il capitalismo globale!

Sabato 3 marzo si è svolto a Torino un presidio/volantinaggio congiunto di attivisti di Resistenza Nazionale – Network Anticapitalista (ACN/AKN) e Forza Nuova contro il capitalismo globale, un sistema economico, sociale e politico che, producendo disoccupazione e ingiustizie, divari crescenti tra privilegiati e non-privilegiati, povertà, precarietà e aumento dei profitti e del potere dei soliti noti (banchieri, finanzieri e speculatori), affama i Popoli e le Nazioni d’Europa. La globalizzazione non è altro che l’affermazione del capitalismo internazionale. Non ci sono soluzioni alternative: se vogliamo evitare ulteriore macelleria sociale, bisogna uscire dal capitalismo e bloccare il processo di globalizzazione!

giovedì 1 marzo 2012

E' boom di disoccupati! Basta con le vecchie 'ricette'!

Continuano le brutte notizie per l'Italia e per l'Europa: l'Istat ha rilevato che il tasso di disoccupazione in Italia a gennaio 2012 è al 9,2%, in rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre e di un punto su base annua. È il tasso più alto dal gennaio 2004 (ovvero l'inizio delle serie storiche mensili). Guardando alle serie storiche trimestrali è il più alto dal primo trimestre 2001. Non solo 'giovani' (come tenderebbero a mostrare i media), ma sempre di più persone dai 35/40 anni in su (la prima generazione che dal 1997-8 subì il lavoro a tempo), che vengono di fatto espulse in maniera definitiva dal mercato del lavoro.
E' allarme anche in Europa: la disoccupazione nell'eurozona si è attestata al 10,7% a gennaio, il livello più alto dal 1999. La previsione era del 10,4% rispetto al dato di dicembre rivisto al 10,6%. Il dato di dicembre è stato rivisto al rialzo rispetto alla stima precedente pari al 10,4%.

Si conferma invece per l'ennesima volta l'inutilità delle vecchie ricette (più flessibilità, più libero mercato, blablabla) applicate dai politicanti: il fatto di trovarsi in una pesante situazione STRUTTURALE (e non quindi in una crisi passeggera) richiederebbe l'applicazione di strumenti radicali e fortemente antiliberisti e anticapitalisti, come il blocco totale delle delocalizzazioni e il ritorno a pesanti DAZI DOGANALI, che consentirebbero di bloccare le importazioni dai paesi neoschiavisti, di riaprire fabbriche localmente e di raccogliere i fondi necessari per concedere a tutti i disoccupati un sussidio di disoccupazione.