'Attraverso i mari ghiacciati dell'Antartico pattugliano immense distese oceaniche per fermare i cacciatori di frodo. Un gruppo di temerari della Sea Sheperd Society armati di passione si lanciano contro le navi giapponesi. Le attaccano. Le speronano. E rischiano la vita per salvare le balene.
I nemici di Watson sono i barconi norvegesi, giapponesi, danesi e non solo, che violano le norme internazionali in materia di caccia dei cetacei, mettendo in pericolo l'ecosistema. A rischio non ci sono solo le balene, ma anche delfini, orche e molte altre specie che fanno gola. La carne di balena finisce nei piatti di ristoranti esclusivi, il suo olio serve perfino come lubrificante per i missili balistici.
Se non fosse per la Sea Shepherd Conservation Society, che Watson ha fondato nel 1977, dopo essere stato, cinque anni prima tra i fondatori di Greenpeace, nell'ultimo anno, nel mondo sarebbero morte 500 balene in più. Ne restano poche decine di migliaia. E i paladini delle balene sono pronti quasi a tutto per proteggerle. Vere e proprie operazioni di pattugliamento, in alcuni casi insieme alla guardia costiera, ma spesso soli quando ci si trova in mezzo al nulla polare. Pattugliano, localizzano. Cercano navi e poi le bloccano. Le assaltano. Le fermano. Le disturbano. Le sabotano.
La lotta tra la vita e la morte delle balene si fa ogni giorno più serrata e la guerra è impari: "Ci chiamano ecoterroristi, ci chiamano pirati, chiamateci come volete, noi non lasceremo morire questi animali". Spesso collaborano con la guardia costiera. Ma non essere un'istituzione li rende sospetti a molti.Per uccidere una balena ci vogliono 25 minuti strazianti. Di urla, di lamenti, di giravolte nel mare. Mentre i compagni scappano nelle profonde oscurità del mare, chi muore resta solo, in balia delle fiocine e degli arpioni, dei cavi che tirano e la sollevano su una barca dove gli uomini la faranno a pezzi. Il capitano Watson, accompagnato da una trentina di volontari (più di 4 mila negli ultimi tre decenni) provenienti da tutto il mondo, tenta di fermare il massacro.
La diplomazia non è il loro forte. Speronano, usano cannoni d'acqua. "Non siamo violenti, ma siamo aggressivi", dice il capitano che in vita sua non ha mai fatto male a nessuno: "Attaccare oggetti non è violenza. Fare danni non è terrorismo". Dei suoi, invece, due sono stati rapiti, lui si è preso una pistolettata, molti sono stati minacciati e inseguiti. Anche il solo esserci può dare fastidio. E se vengono aggrediti dalle baleniere, sono pronti subito a informare la stampa, qualsiasi cosa pur di informare.
"Se non salviamo queste specie perdiamo gli oceani. Se gli oceani muoiono noi muoriamo. È semplice. Una questione di sopravvivenza", sostiene Watson, "non lotti perché ti piace. Non combatti perché sai che un giorno vincerai o perderai. Tu fai quello che fai perché è la cosa giusta da fare, l'unica che puoi fare. Una volta che hai realizzato questa verità, non ti preoccupi più delle conseguenze".
SUPPORT SEA SHEPHERD!
SMASH CAPITALISM!
Autonomia Nazionale
(tratto da un articolo de L'Espresso: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/in-difesa-di-moby-dick/2082771 )
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