martedì 17 aprile 2012

I crimini del capitalismo: continua l'ondata di suicidi

Quello dei suicidi al tempo della 'crisi' (la nuova realtà strutturale capitalista) di disoccupati e disperati per cause economiche è un tema entrato ormai di prepotenza nelle cronache quotidiane nel nostro Paese. Ormai da tempo.
Lo spettro della povertà è alla base di numerosi atti estremi. L'assenza di prospettive, il totale abbandono di numeri crescenti di cittadini non privilegiati da parte dello Stato(l'Italia è uno dei soli 3 paesi europei - con Grecia e Bulgaria - a non prevedere forse di sussidio continuative per chi perde il lavoro, sia per lavoratori che per negozianti e piccoli imprenditori), sempre pronto però ad aiutare banchieri e finanzieri,stanno producendo una forte impennata di gesti simili.
La gelata economica ha i suoi effetti negativi non solo sul lavoro subordinato e sui 'senza lavorò ma anche anche nella sfera del lavoro autonomo, inducendo al suicidio anche molti artigiani, commercianti o comunque imprenditori 'autonomì. Secondo diversi studi i rischi di suicidio nei momenti di difficoltà economica sarebbero più alti tra disoccupati e imprenditori, meno invece tra i dipendenti.
«È sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo...o forse no, perchè, ne sono certa, se non l'avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più». È quanto scrive in una lettera al direttore del Quotidiano della Calabria la madre di Lucia, una ragazza di 28 anni, laureata in ingegneria gestionale, che si è tolta la vita il 4 aprile scorso lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Cosenza. «Non si può banalizzare - aggiunge - e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne...e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia». La madre della ragazza suicida afferma poi che «lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. È una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto».

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