In seguito all’ondata di divieti e proibizioni di partiti e gruppi che prese il via con la strumentalizzazione degli eventi di Rostock e Hoyeswerda tra il 1992 e il 1993, alcuni militanti (che non nascondevano un certo interesse per l’efficienza organizzativa e per alcune forme di azione della sinistra radicale) svilupparono un nuovo concetto di attivismo nazionalista, basato su piccoli gruppi autonomi, senza legami organici con partiti e associazioni (‘Organizzarsi senza un’organizzazione’) ma legati attraverso modalità di azioni.
Il movimento assunse inizialmente il nome di ‘autonome Rechte’ e in seguito ‘führungsloser Widerstand’ (Leaderless Resistence, sulla scia di altri movimenti europei che negli stessi anni stavano applicando lo stesso concetto), ‘Freie Kameradschaften’ e ‘Freie Nationalisten’ o anche ‘Freie Kräfte’.
Questo network ‘disorganizzato’, basato su gruppi regionali informali e decentralizzati (composti spesso da non più di 20-25 militanti), cominciò ad assumere il ruolo, nella seconda metà degli anni ’90, di avanguardia militante del movimento.
L’intero network non era quindi un partito vero e proprio, con tessere e sedi, ma poteva essere considerato più propriamente come una STRATEGIA (‘una serie di linee guida generali usate per impostare e successivamente coordinare le azioni concrete tese a raggiungere lo scopo, in modo da dare loro la massima efficacia. La strategia si applica a tutti i campi in cui per raggiungere l'obiettivo sono necessarie una serie di operazioni diversificate, la cui scelta non è unica e/o il cui esito è incerto, e che quindi non possono essere pianificate a priori ma devono essere decise di volta in volta’), che può essere individuale o basata su gruppi locali, tesa a unire gli attivisti in base alle Idee e alle modalità di operare, senza che alle spalle ci debba essere per forza una struttura politica. Tutto ciò non comportò però una dissociazione netta dai partiti dell’area, come l’NPD, con cui si continuò a collaborare ed interagire.
Questa strategia rimase tale fino a circa il 2002, periodo in cui ci fu un ulteriore evoluzione, sia di nome che di significati. A Berlino gruppi e attivisti di base impegnati sul fronte Anti-antifa cominciarono ad aderire a questo nuovo concetto militante.
Proprio nella capitale, durante la dimostrazione organizzata dall’NPD per la giornata del Primo Maggio, sfilò pure, con scudi neri, striscioni militanti e cartelli, un folto gruppo di ‘NR Schwarze Blöcke’ (Blocco Nero Nazionalrivoluzionario).
Se all’inizio questi gruppi, che iniziarono a questo punto a definirsi ‘Autonome Nationalisten’ (Autonomi Nazionalisti), differivano poco dall’immagine tipica dei militanti nazionalisti, nel giro di breve emerse una nuova concezione che differiva sia nell’estetica-abbigliamento, con una netta preferenza per le Stormfighter Jackets, i cappellini neri, cappucci e bandane (aspetto pratico non indifferente: rimanere difficilmente identificabili durante le attività politiche, specie nei grandi centri urbani, dove è ancora forte e pericolosa l’attività di contrasto violento degli antifa), che per gli slogans politici (più nettamente antimondialisti e anticapitalisti).
Questo nuovo approccio non fu esente da critiche all’interno della scena nazionalista. Anche sui forum di Internet scoppiarono appassionate e violente discussioni tra ‘autonome Nationalisten’ e i ‘tradizionali’ estremisti di destra.
Questi cambiamenti di tattiche e slogan non hanno però assolutamente portato a grosse modifiche ideologiche, ma spesso si fa riferimento ad una sorta di Nazionalismo Moderno. Tutto il concetto di Autonomi Nazionalisti rappresenta senza dubbio una modernizzazione delle tattiche e strategie politiche. Come spiega uno dei fondatori berlinesi del movimento: 'la differenza tra noi e gli altri gruppi non risiede tanto nelle diversità ideologiche, quanto nelle forme e modalità di azione'.
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2 commenti:
http://indafoto.hu/odin/olaszorszag
Milano 2011.12.03.
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Milano 2011.12.03.
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